La morte improvvisa di un atleta è un evento tragico ma per fortuna raro.
L’attività fisica è la base della prevenzione cardiovascolare. Tuttavia è risaputo che gli atleti competitivi possono avere un rischio doppio di morire improvvisamente rispetto ai pari età non atleti, per il carico di lavoro elevato al quale il fisico viene sottoposto[1].
La causa più frequente della morte improvvisa è l’arresto dell’attività cardiaca a seguito di un’aritmia: la fibrillazione ventricolare.
Il cuore è un muscolo che si contrae in modo sincrono e ordinato per eiettare in circolo parte del sangue di cui si riempie ad ogni ciclo cardiaco. La fibrillazione ventricolare è una condizione per la quale il cuore improvvisamente fibrilla, ovvero inizia a non contrarsi con ordine. E’ come se ad un certo punto, in un orchestra, ciascun musicista smettesse di seguire il direttore ed iniziasse a suonare uno spartito diverso da quello assegnato. Non si capirebbe più nulla e si perderebbe il senso di quella musica che ci accompagna per tutta la vita: il battito cardiaco.
Si capisce quindi come un’alterazione elettrica (fibrillazione ventricolare) determina una conseguenza meccanica (arresto cardiaco).
Tale condizione si può verificare nel corso di uno strenuo esercizio quando vi è una malattia cardiaca sottostante non identificata. Sono stati chiamati in causa diversi meccanismi che possono innescare la fibrillazione ventricolare: la disidratazione che si accompagna ad uno sforzo intenso, l’ipertermia, la perdita dei sali disciolti nel sangue, l’aumentata aggregazione piastrinica.
Le malattie che pongono a rischio di morte improvvisa devono essere individuate da un accurato esame che viene fatto prima di concedere l’idoneità all’attività sportiva agonistica.
Vi sono malattie congenite che riguardano la PARTE STRUTTURALE-MECCANICA del cuore (rilevabili soprattutto con l’ecocardiogramma, la risonanza cardiaca, la tac), malattie della PARTE ELETTRICA (rilevabili con l’elettrocardiogramma, lo studio elettrofisiologico e l’analisi genetica) e malattie che invece sono ACQUISITE.
In Italia siamo all’avanguardia. I criteri di selezione sono rigidissimi. Viene messo in primo piano la salute della persona, ancora prima della volontà dell’atleta di fare sport agonistici: nel nostro paese, se lo sportivo non risulta idoneo ad attività agonistica non può gareggiare. Punto.
Questo modo di fare prevenzione in osservanza delle normative in continuo aggiornamento (COCIS 2017) ha permesso di ridurre drasticamente le morti nei giovani atleti italiani che fanno sport competitivi. Le morti improvvise sono passate da 3.6 per 100 000 atleti di 3 decenni or sono a 0.4 per 100000 atleti dei nostri giorni [2].
E’ importantissima la visita e la raccolta della storia familiare, anche perché circa il 30-40% del potenziale rischio di morte improvvisa proviene da una trasmissione familiare.
Tra le cause più frequenti e subdole vi sono le MALATTIE DELLE ARTERIE CORONARIE. Le coronarie (prendono questo nome perché sembrano la corona del cuore) sono i vasi che dalla superficie del cuore portano “la benzina” al muscolo cardiaco. A volte possono originare in modo anomalo e quindi possono “strozzarsi” solo durante un esercizio particolarmente intenso, in altri casi possono incrostarsi precocemente con placche di grasso che rompendosi ne occludono il lume determinando l’infarto. Sapendo che la diagnosi non può avvenire nel 100% dei casi, grazie alla sensibilizzazione della popolazione e all’approvazione di leggi dedicate, siamo riusciti a rendere sempre più diffusi i defibrillatori automatici esterni e a formare sempre più personale per una rianimazione precoce e quindi efficace.
Noi italiani siamo i primi al mondo ad avere iniziato lo studio e l’analisi postmortem delle cause che determinano i possibili scenari di morte cardiaca improvvisa negli atleti. Il registro più datato è quello del gruppo di Padova che dal 1979 fa ricerca in modo sistematico. Vengono usati metodi standardizzati per raccogliere materiale autoptico che è conservato e catalogato anche per essere disponibile in un futuro quando l’evoluzione della tecnologia avrà permesso nuove scoperte. I ricercatori hanno orientato l’attenzione sullo studio istologico (di pezzetti) del sistema di conduzione (i cavi elettrici che portano l’impulso nel cuore) e sull’analisi genetica (autopsia “molecolare”)[3]. Ovviamente il settore relativo alla GENETICA DELLA MORTE IMPROVVISA è in divenire, poiché il genoma umano (la “libreria di dati” racchiusa nel DNA con il quale è costruito il corpo umano) è stato solo negli ultimi anni completamente sequenziato. Nelle ultime linee guida internazionali europee si raccomanda di richiedere il riscontro autoptico di tutti i pazienti che muoiono improvvisamente. Questa impostazione non serve solo ai noi medici a comprendere meglio i meccanismi che stanno alla base di questa tremenda sciagura, ma anche a fornire ai familiari informazioni su eventuali predisposizioni geneticamente determinate che possono essere presenti o trasmesse in famiglia.
L’autopsia non è solo macabra curiosità scientifica, ma è raccolta di informazioni preziose che la morte fornisce per aiutare la vita.
Lo screening per l’attività sportiva agonistica in Italia ha permesso di individuare (e quindi salvare) fino all’1.8 % di soggetti che potenzialmente erano a rischio di morte improvvisa perché affetti da CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA, una condizione difficilissima da individuare in cuori già ipertrofici perché allenati. Pensate che vi sono colleghi che hanno avuto il coraggio di sospendere per mesi dall’attività sportiva campioni olimpionici che poi sono risultati essere portatori di tale malattia.[4].
L’attenzione dei medici italiani verso questo tema è nota. Nel 2014 ho partecipato ad un sondaggio della rivista medica più importante, il New England Journal of Medici (NEJM) [5]. Dai risultati è emerso che negli USA solo il 45 % dei medici ritiene necessario (costo-efficace) fare la visita con l’elettrocardiogramma. Da noi questa percentuale sale al 74 %. In Italia l’elettrocardiogramma prima dell’attività sportiva agonistica è obbligatorio da anni e lo è diventato anche per l’età pediatrica. Negli USA invece l’ecg non è obbligatorio.
La prevenzione della morte improvvisa è una grande sfida della medicina moderna.
Dalla morte improvvisa di Filippide che correva da Maratona ad Atene si sono fatti passi da gigante. Fondamentale è sottoporsi ai test previsti obbligatori, senza fare storie: vi sono anche atleti che si lamentano per l’eccessiva scrupolosità dei test!
I recenti fatti che hanno turbato tutti devono essere uno stimolo per aiutare la ricerca ad individuare strumenti più potenti per la diagnosi precoce e la cura dei soggetti a rischio di morte improvvisa.
Il futuro, con l’analisi genetica e l’impiego delle nuove metodiche avanzate di imaging, è già nel presente. Restiamo fiduciosi, e non dimentichiamo che siamo nella nazione più sicura al mondo per la diagnosi e la terapia di queste patologie.
PS: Questo articolo è dedicato a DAVIDE ASTORI, il mio capitano che non c’è più.


1]Corrado D. et al. Does sports activity enhance the risk of sudden death in adolescents and young adults? J Am Coll Cardiol 2003;42:1959–63.
[2]
http://www.sicsport.it/libro.cocis.2017.php
[3] Corrado D. and colleagues reply to Van Brabandt and colleagues. BMJ. 2016 Jul 6;354:i3631.
[4] Myerburg RJ, Vetter VL. Electrocardiograms should be included in pre-participation screening of athletes. Circulation. 2007;116:2616-26
[5] Cardiac screening before participation in sports — Polling Results. N Engl J Med 2014; 370:e16)