Considerazioni sull’articolo riguardante il “Consumo di alcol, tachicardia sinusale e aritmie cardiache all’Oktoberfest di Monaco: risultati del Munich Beer Related Electrocardiogram Workup Study (MunichBREW [1].)” pubblicato nel 2017 sul European Heart Journal.

I disturbi del ritmo cardiaco (aritmie) sono una condizione molto frequente nella vita di una persona. I sintomi sono molto variabili come gravità, andando dal semplice “tuffo al cuore” alla vertigine, dalla palpitazione alla sincope, fino all’arresto cardiaco. La regina di tutte le aritmie è la fibrillazione atriale (FA) che influenza in modo significativo la qualità e la durata della vita. L’alcool ha effetti cardiovascolari ben noti. Tuttavia, la maggior parte della ricerca si è sempre concentrata sugli effetti benefici (il “paradosso francese”) del consumo moderato o sulla tossicità cronica, come la cardiomiopatia dilatativa, associata a un consumo elevato per un periodo prolungato (cardiomiopatia per fortuna reversibile). L’associazione tra ingestione acuta di alcol ed insorgenza di aritmie cardiache è stata segnalata in letteratura scientifica per la prima volta nel 1978 quando il dr Ettinger coniò la definizione di “Holiday Heart Syndrome”. Il termine origina dal fatto che i quadri clinici da abuso acuto di alcol alcolico si osservano più frequentemente nel weekend o nei giorni festivi quando la gente è più propensa ad “alzare il gomito”. Dalla descrizione originale di questa sindrome, sono passati molti anni e nuove ricerche in questo campo hanno aumentato il volume delle conoscenze relative a questa condizione. Tuttavia, la vera prevalenza delle aritmie (numero di casi per persone valutate) dopo l’ingestione acuta di alcol non era nota poiché questi studi erano limitati dalla piccola dimensione del campione e da elementi confondenti nella selezione dei soggetti da studiare. Durante l’Oktoberfest di Monaco del 2015, alcuni medici dell’ospedale universitario di Monaco hanno avuto l’intuizione (pare dinnanzi ad un boccale di birra) di esaminare il ritmo cardiaco di 3028 partecipanti alla manifestazione. Lo studio, denominato MunichBREW, aveva lo scopo di correlare le anomalie rilevate alle registrazioni elettrocardiografiche (ECG) di 30 secondi basate su smartphone con i valori di concentrazione di alcol nel respiro. Sono stati esclusi dallo studio soggetti con concentrazione alcolica nel respiro superiore a 3.00 g/kg in quanto considerati incapaci di rilasciare autorizzazione per il consenso alla partecipazione allo studio (comunque “solo 4” individui esclusi).

L’età media della popolazione in studio era di 35 anni e un terzo era di sesso femminile. Il livello medio di alcol nel respiro era di 0,85 ± 0,54 g/kg. Un terzo dei partecipanti che avevano bevuto aveva disturbi del ritmo. La tachicardia sinusale era la più comune (25,9%), seguita da aritmia sinusale (1,7%), complessi ventricolari prematuri (1,7%), complessi atriali prematuri (1,3%) e fibrillazione atriale o flutter atriale (0,8%). La probabilità di incorrere in disturbi del ritmo cardiaco aumentava di 1,75 volte per ogni aumento di 1g/kg della concentrazione di alcol nell’aria espirata. Questa relazione era in gran parte associata ad una semplice tachicardia sinusale (innocua), poiché non vi era alcuna relazione tra i livelli di alcol nel respiro e il rischio di altre aritmie, in particolare di fibrillazione atriale. Non vi era inoltre differenza di incidenza di disturbi del ritmo tra soggetti di sesso maschile e femminile.

L’ampia dimensione del campione esaminato rende questo studio il più grande mai eseguito che affronta il rapporto tra consumo acuto di alcol e aritmie cardiache.

Come detto solo nello 0,8% è stata diagnosticata la fibrillazione atriale. Questo dato confortante può essere motivato dall’età giovane dei partecipanti, una parte significativa dei quali aveva livelli di alcol molto basso e l’altra motivazione è che il ritmo cardiaco veniva esaminato per soli 30 secondi. In base ad altri studi, si pensa che il consumo acuto o cronico di birra potrebbe non essere associato al rischio di fibrillazione atriale: pare che questa sia indotta oltre che dai livelli di alcolemia anche dalla tipologia di alcol ingerito, ma non vi sono dati definitivi al riguardo.[2,3]

Una considerazione importante emersa da questo studio è stata quella che monitoraggio ECG può essere conveniente e di alta qualità tramite smartphone e dispositivi indossabili: è stato lo studio “precursore” di altri cha hanno certificato la fattibilità di queste misurazioni anche tramite gli smartphone o gli orologi dedicati (il primo di tutti è stato l’applewatch). Questo può dare la possibilità estendere il monitoraggio e potenziare lo screening delle aritmie nella popolazione generale.

Note dell’autore dell’articolo:

Nel 2015 l’Oktoberfest ha ospitato 5,9 milioni di visitatori che hanno consumato 7,5 milioni di litri di birra.

Nonostante le condizioni di registrazione avverse, più del 99,5% degli elettrocardiogrammi avevano una qualità del tracciato ottima. I moderni registratori del ritmo da polso funzionano bene.

  1. Brunner S, Herbel R, Drobesch C, Peters A, Massberg S, K€a€ab S, Sinner MF. Alcohol consumption, sinus tachycardia, and cardiac arrhythmias at the Munich Octoberfest: results from the Munich Beer Related Electrocardiogram Workup Study (MunichBREW). Eur Heart J 2017;38:2100–2106.

  2. Larsson SC, Drca N, Wolk A. Alcohol consumption and risk of atrial fibrillation: a prospective study and dose–response meta-analysis. J Am Coll Cardiol 2014;64:281–289.

  3. Holle R, Happich M, Lowel H, Wichmann HE, Group MKS. KORA–a research platform for population based health research. Gesundheitswesen 2005;67(Suppl. 1):S19–S25.

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